Effetto serra in sala stampa

Un tempo  i “cani da guardia della democrazia”  abbaiavano talvolta alle faine, ora capita piuttosto di sentirli abbaiare alla  croce rossa, con la scusa dei no vax.  Ce n’è  uno, in particolare, intrappolato da qualche decennio in un’amaca nel cortile del padrone di sempre, che non è  lo Stato, che tiene d’occhio i medici della sanità  pubblica, e rimprovera loro in realtà l’arte medica, la scienza e coscienza con la quale operano e si guadagnano da vivere.

Come osano esercitare un pensiero medico? Tanto più  che è  fuori moda. Sono tempi questi di mobilitazione alla guerra! Dall’amaca non s’alza la prosa di un Papini, ma il lezzo, il puzzo, il fetore è  quello delle parole andate a male per effetto serra. Nel 1914 Giovanni Papini, richiamava alla memoria collettiva che la guerra, alla quale incitava “lascia meno bocche intorno alla stessa tavola. E leva di torno un’infinità di uomini che vivevano perché erano nati; che mangiavano per vivere, che lavoravano per mangiare e maledicevano il lavoro senza il coraggio di rifiutar la vita”.

Ecco, siamo tornati al punto di partenza, ma con altre forme. Oggi la propaganda combatte le libertà, le arti, le autonomie di giudizio, il pensiero assennato.  Quando la propaganda si diffonde in ogni ambito della società, in ogni ora del giorno, con ogni strumento, contro le poche  teste che si ostinano a valutare, confrontare, soppesare, studiare, con metodo scientifico  e con  coscienza umana. Quando il pensiero medico libero, autentico patrimonio dell’umanità,  è  messo al bando, accusato di diserzione e tradimento,  perseguitato,  allora l’impoverimento  che ne deriva è drammatico socialmente.  

Sottomettere l’esercizio della professione medica a marcatura preventiva è  cosa da bestie, che anticipa algoritmi ben peggiori. Non vorrei che la prosa di un Melampo fosse mai presa ad esempio dall’intelligenza artificiale. Solo per questo ne scrivo.